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Tempo di pic-nic: le torte salate

venerdì, 1 maggio 2009

Quando decidiamo di trascorrere una giornata all’aperto, al mare o nei prati, con famiglia al seguito o insieme agli amici, il pranzo più pratico da portare con sè sono le torta salate. Ma… come si preparano?

La pasta sfoglia

E’ la regina degli impasti di base per le torte salate. Costituisce infatti, con i caratteristici fogli sovrapposti di pasta morbida, l’involucro ideale per ogni tipo di ripieno.

Come procedere. La lavorazione della pasta sfoglia, lunga e molto complessa, va curata attentamente, ad incominciare dagli ingredienti. La farina deve essere finissima e molto agglutinante, ottimo il tipo “00″; il burro (e non altri grassi, che lascerebbero un sapore decisamente sgradevole in bocca) non deve essere troppo freddo, ma neppure molle, e quanto all’acqua occorre che sia freddissima. La caratteristica della pasta sfoglia è di essere costituita in parti uguali di burro e farina, lavorati in modo tale da comporre vari strati.

Gli ingredienti per due torte o per una torta con coperchio. 500 g di farina bianca, 500 g di burro, sale.

L’esecuzione. Con 350 g di farina formate una fontana sulla spianatoia, unite il sale e l’acqua necessaria per ottenere un composto elastico e sodo. Impastate velocemente, poi coprite con un foglio di carta oleata il “pastello” così ottenuto e riponetelo in frigorifero per 30 minuti. Impastate la rimanente farina con il burro a pezzi, formate un panetto, copritelo e ponetelo in frigorifero per 30 minuti. Stendete il pastello a circa 5 mm di spessore e appoggiatevi al centro il panetto. Richiudete il panetto tra i lembi di pasta a mò di pacchetto. Appiattite questo pacchetto con il mattarello, dando alla pasta la forma di un rettangolo. Piegate i due lati più corti verso il centro, quindi ripiegate ancora. Questa operazione di stendere la pasta e ripiegarla viene chiamata “giro” e va ripetuta 4 volte lasciando sempre riposare l’impasto, tra un giro e l’altro, in frigorifero per un’ora. Stendete la sfoglia nel formato desiderato e procedete secondo la ricetta che volete preparare.

La cottura. Durante la cottura l’acqua contenuta nel pastello tende ad evaporare e spinge lo strato verso l’alto, dove viene fermato dalla barriera di materie grasse contenute, invece, nel panetto. Questo succede a tutti gli strati, dando come risultato la formazione dei caratteristici fogli. Affinchè possa avvenire questa lievitazione e la pasta sfogli bene, occorre anche una cottura perfetta: forno molto caldo, anche a 200°C, per un tempo ovviamente proporzionale alla grossezza della preparazione. E’ comunque importante che la placca da forno (bagnata soltanto con poca acqua, se usate quella da pasticceria, altrimenti leggermente imburrata) venga posta nella parte bassa del forno, per permettere alla torta una cottura uniforme.

I trucchi della cuoca. Siccome la lavorazione della pasta sfoglia è piuttosto lunga, conviene che ne prepariate una certa quantità; potrete poi suddividerla in pezzature più piccole e surgelarla. Se ritenete che la farcitura della torta sia molto umida, prima di stenderla sulla sfoglia cospargete il fondo di pasta con una cucchiaiata di pangrattato. Per sigillare perfettamente la chiusura dei due bordi di pasta sfoglia, spennellateli con poca acqua fredda o con dell’uovo sbattuto.

Un pò di storia. Il principio di sovrapporre vari strati di pasta sottilissima era già noto nell’antico Egitto e anche i Romani conoscevano un procedimento simile che usavano per confezionare i loro famosi “pasticci”. Il termine “pasta sfoglia” compare per la prima volta nel 1525 in un decreto del Consiglio di Venezia che, condannando lo sfarzo di una cerimonia nuziale, lo cita tra i vari cibi e bevande. Le prime ricette risalgono alla fine del 1500: in un libro di cucina tedesco viene infatti dettagliatamente spiegato il procedimento di lavorazione della sfoglia e viene introdotto, per la prima volta, il concetto di “giro”, tuttora in uso.

La pasta brisée

Molto simile alla pasta frolla, ha una consistenza eccezionalmente leggera e friabile, adatta a pasticci, timballi e tartellette. Nelle torte salate sostituisce spesso la sfoglia perchè è più semplice da preparare.

Come procedere. La pasta brisée è un impasto di burro e farina in proporzioni fisse: il burro è sempre pari alla metà della farina. La giusta consistenza si ottiene poi con l’aggiunta graduale di acqua fredda. E’ indispensabile che la lavorazione venga effettuata il più rapidamente possibile, con mani ben fredde e usando solo la punta delle dita: in questo modo si eviterà di “bruciare” la pasta, cioè di dare troppa forza al glutine e quindi di far affiorare in superficie il burro, che potrebbe dare come risultato finale, dopo la cottura, una pasta dura e pesante.

Gli ingredienti per due torte o per una torta con coperchio. 500 g di farina bianca, 250 g di burro, sale.

L’esecuzione. Formate una fontana con la farina, unite il sale, il burro a pezzetti e l’acqua per legare l’impasto. Lavorate rapidamente gli ingredienti, quindi formate con la pasta una palla e fatela riposare in frigorifero per 30 minuti. Stendete poi la pasta con il mattarello e ponetela in uno stampo; farcitela come richiesto dalla ricetta.

La cottura. Le torte di pasta brisée possono essere cotte “a vuoto” e riempite poi con una farcia cotta o cruda, oppure farcite con un ripieno che rimane a vista o ancora farcite e ricoperte con un lembo di pasta. In questo caso, appoggiate la pasta sullo stampo imburrato e tagliate l’eccedenza che stenderete nuovamente. Farcite a piacere, quindi coprite con la pasta e saldatela ai bordi. Spennellate poi la superficie con un tuorlo d’uovo e infornate a 200°C per 40 minuti o più, a seconda della grandezza della torta. Va tenuto presente che una farcia cruda, per esempio quella a base di verdure, durante la cottura emette molta acqua, sotto forma di vapore, che può rendere problematica la cottura della pasta brisée sottostante al ripieno. In questi casi occorre collocare lo stampo nella parte più calda del forno, così che anche la pasta che si trova sotto il ripieno possa cuocere alla perfezione. Il problema della formazione di vapore in cottura è spesso risolto con la creazione del caratteristico “camino”: un foro posto sulla superficie della torta che possa permettere al vapore di fuoriuscire.

I trucchi della cuoca. Per evitare che, durante la cottura “a vuoto” delle basi per crostate da farcire a crudo, la pasta scivoli dalle pareti verso il fondo, appoggiate sulla pasta brisée un foglio di carta oleata e riempite lo stampo con fagioli secchi. Se dovete formare sulla torta il caratteristico reticolato, preparate tutte le strisce, poi fatele scivolare sulla superficie della preparazione aiutandovi con una lunga spatola, per evitare che si spezzino. Prima di servire lasciate riposare qualche minuto la torta o la crostata: acquisterà in friabilità. La pasta brisée (ma anche la pasta sfoglia) si può trovare surgelata nei supermercati: per l’utilizzo basta attenersi alle indicazioni riportate sulla confezione.

I consigli. Avvolta in pellicola trasparente per alimenti, o in carta oleata, la pasta brisée si manterrà in frigorifero anche per tre giorni, molti di più nel congelatore; quando la si prepara, conviene quindi abbondare nelle dosi e suddividere poi la pasta eccedente in panetti già pronti per l’uso, da porre nel congelatore. Potrete conservare anche la pasta brisée già cotta: imburrate e infarinate uno (o più) stampi in carta di alluminio, stendetevi la pasta e procedete alla cottura delle sole basi per crostate. Lasciatele raffreddare, poi, senza toglierle dallo stampo, ponete le preparazioni in sacchetti di plastica e surgelatele. Al momento opportuno non vi resterà che farcire la torta e procedere alla seconda cottura, se si tratta di una torta calda, o lasciar scongelare la pasta e servire direttamente, se si tratta di una crostata fredda.

Altre paste di base

Oltre alla sfoglia e alla brisée vi sono altre paste di base che si possono preparare con:

-        200 g di farina, 2 cucchiai di olio e poco sale, impastati con acqua sufficiente per ottenere una pasta morbida; è la base più semplice, adatta per ciambelle;

-        300 g di farina, 2 uova, sale e pochissima acqua; è un impasto friabile e nutriente, indicato per particolari crostate;

-        200 g di farina, 100 g di burro, 1 uovo, sale ed eventualmente acqua; si tratta di una brisée arricchita con l’uovo, ottima per preparare morbide e saporite quiche.

Ovviamente i dosaggi dei vari ingredienti di tutte le paste di base possono subire delle modificazioni a seconda delle esigenze della ricetta da preparare.

Per cominciare…

I sapori delle nostre verdure, uova e formaggio in una base croccante di pasta sfoglia. Ecco la ricetta per preparare facilmente la crostata più bella e più buona: la tradizionale crostata mediterranea.

Una torta di verdure è sempre una proposta gradita, adatta per buffet in piedi, pic-nic al sole o ancora come piatto d’apertura in pranzi tradizionali. Fin qui abbiamo descritto, nelle varie fasi, la preparazione delle paste di base che possono anche essere acquistate surgelate; i ripieni sono i più svariati e le ricette che troverete nella debita sezione dedicata alle torte salate ne forniscono una gamma esauriente. La crostata proposta qui di seguito unisce sapori diversi in una elegante presentazione: la realizzazione di questa ricetta rappresenta il primo passo che vi consentirà di acquisire la necessaria dimestichezza per poi poter man mano fare dei veri e propri capolavori di arte culinaria.

Appuntamento enogastronomico

martedì, 21 aprile 2009

Martedi 28 Aprile, alle ore 20.30, cena con degustazione dei vini dell’azienda vitivinicola Russo Taurasi presso il Ristorante “Ciccia Bomba ai parioli” in Via R. Fauro n. 2 (V.le Parioli) a Roma.

Aperitivo: aspettando gli ospiti verrà presentata la novità Cantine Russo Taurasi 2009 – Donna Celeste DOCG Fiano di Avellino.

Il Menu previsto per la cena:

Antipasto di formaggi, torta rustica con verdure, pizzottella – abbinato al bianco GRELE’ Greco di Tufo DOCG

Primo piatto di risotto con finocchio, olive nere e arance – abbinato al bianco GRELE’ Greco di Tufo DOCG e mezze maniche in bianco con broccoli, salsiccia e pecorino – abbinato al rosso MACRI Irpinia Campi Taurasini IGT

Secondo piatto di goulash con patate leggermente piccante – abbinato al rosso SPALATRONE Taurasi DOCG

Dessert di crostate miste fatte in casa

Euro 35 – oppure Euro 30 per i soci. Per info e prenotazioni: 339.57.28.595 – info@enoclubroma.it – www.enoclubroma.it

La dieta di primavera

mercoledì, 4 marzo 2009

Approfittiamo del risveglio della natura per disintossicarci, rinvigorirci e rimetterci in forma.

La primavera è il periodo adatto per purificare l’organismo. Durante l’inverno, infatti, il corpo accumula molte tossine, che possono essere smaltite con piccoli accorgimenti. Quando fa freddo si privilegiano piatti molto nutrienti, in genere a base di carne o di legumi, accompagnati da condimenti talvolta eccessivi. Le carni e i legumi sono ricchi di proteine, la cui digestione produce le purine, sostanze di scarto che vanno eliminate dall’organismo. Allo stesso modo, i grassi apportano all’organismo colesterolo, che può risultare dannoso (quello cattivo, naturalmente!). Il freddo e il vento tendono a sciupare i capelli e a screpolare la pelle; la diminuzione della sudorazione aumenta l’accumulo di tossine. Ecco cosa possiamo fare per disintossicare e rinvigorire l’organismo.

Purifichiamo l’organismo. E’ consigliabile bere molto, per favorire la diuresi e di conseguenza favoriamo l’eliminazione delle sostanze di scarto. Bisogna dare la preferenza ad acqua naturale, tisane (soprattutto depurative, come quelle a base di tarassaco o di bardana), tè, succhi (quelli fatti in casa) e centrifugati di frutta e di verdura. Sono da evitare, invece, le bevande gasate e zuccherate. Per eliminare le tossine si deve aumentare la sudorazione, praticando uno sport o passeggiando a passo sostenuto, per almeno mezz’ora al giorno. L’alimentazione corretta è importante, poichè permette di non affaticare gli organi interessati alla digestione. Gli ortaggi permettono di regolarizzare le funzioni intestinali e di accelerare i processi digestivi; la diminuzione dei condimenti permette di non affaticare il fegato. Un regime alimentare un pò più ristretto aiuta l’organismo a non produrre scorie ed eliminare quelle accumulate.

Rinvigoriamo i capelli. Durante questo periodo i capelli possono apparire sfibrati, opachi e fragili. Alcuni elementi possono aiutarli a diventare più folti e lucenti. E’ utile assumere alcuni minerali che fanno parte della composizione del capello: lo zinco, presente nei frutti di mare, il ferro, di cui sono ricchi i vegetali a foglia scura, lo zolfo, contenuto nella carne e nel pesce. Anche la vitamina A migliora la salute e la bellezza dei capelli. E’ presente sotto forma di retinolo nei prodotti di origine animale e sotto forma di betacarotene in quelli di origine vegetale. Il retinolo e il betacarotene vengono trasformati dall’organismo in vitamina A.

Rigeneriamo la pelle. I cibi giusti permettono di avere in poche settimane una pelle distesa, tonica e luminosa. Sono consigliati gli alimenti che apportano vitamina A, C, B2, E, per favorire il rinnovo delle cellule e prevenire la rottura dei capillari. Le vitamine, inoltre, favoriscono la produzione di collagene, una sostanza che aiuta a mantenere la pelle più elastica. Le vitamine sono presenti nella frutta (kiwi e pompelmo), nella verdura (carote, peperoni, pomodori e ortaggi verdi), nel fegato, nelle uova, nella frutta secca e nell’olio di oliva. Anche il consumo regolare di abbondanti liquidi e di ortaggi, ricchi di acqua, permette di idratare meglio la pelle, che risulta meno secca e screpolata.

Scegliamo i cibi giusti. I vegetali, ricchi di vitamine, sali minerali, acqua e poveri di calorie, sono anche facili da digerire. Il consumo di carne e salumi deve essere moderato (non più di due volte alla settimana), mentre è da preferire il pesce bianco (trota, nasello, sogliola) o azzurro (tonno, sarde). Sono banditi i formaggi stagionati. Cereali integrali e legumi devono essere consumati con parsimonia poichè, pur essendo ricchi di fibre, apportano anche molte calorie. La cottura degli alimenti deve essere leggera, aggiungendo olio crudo (massimo 40 ml al giorno a persona) poco prima di servire. Da evitare tutti i grassi di origine animale, come per esempio il burro.

Riposiamo bene. Quando cambia la stagione a volte sopraggiungono vari disturbi, tra i quali l’insonnia, che induce una poco salutare stanchezza diurna, con conseguente perdita di attenzione. Può essere utile qualche indicazione riguardo a cosa prediligere e cosa invece evitare per non passare una notte da incubo. A digiuno si dorme male, come anche dopo eccessi alimentari. Alcuni alimenti facilitano il sonno: pesce, legumi, aglio, lattuga, radicchio rosso, zucca, rape e cavolo. Poi pasta, orzo, riso, pane e tutti i cibi che contengono un aminoacido, il triptofano, che favorisce la sintesi della serotonina, il neuromediatore del benessere e il neurotrasmettitore cerebrale che stimola il rilassamento. Per conciliare il sonno: una tazza di latte caldo con due cucchiaini di miele o un infuso addolcito con il miele o un frutto dolce. Oltre al latte, anche formaggi freschi, yogurt e uova bollite aiutano l’organismo a prepararsi al riposo notturno. Invece è meglio evitare cibi speziati e piccanti: anche se favoriscono la digestione, non agevolano il rilassamento, quindi stiamo alla larga da pepe, curry e paprika, dai cibi salati come patatine fritte in sacchetto, salatini e noccioline. No agli alimenti in scatola che contengono eccessivo sodio e conservanti, a cibi preparati con il dado da cucina, a teina, caffeina, cacao, cioccolata e superalcolici: questi ultimi inducono un sonno di pessima qualità, con risveglio precoce, talvolta nel cuore della notte.

Ricettina di febbraio

lunedì, 16 febbraio 2009

GNOCCHETTI DI PROVOLONE VALPADANA

Ingredienti per 6 persone: per gli gnocchetti: 300 g di Provolone Valpadana DOP grattugiato, 300 g di patate bollite, 200 g di farina,1 uovo, sale; per la salsa: 20 g di porri,1 noce di burro, 300 g di asparagi, 30 g. di patate, brodo vegetale, olio extravergine d’oliva.

Esecuzione: Praparate gli gnocchetti: impastate bene tutti gli ingredienti e formate degli gnocchetti lavorandoli uno a uno con il palmo della mano in modo che assumano una forma allungata. Preparate la salsa: spezzettate gli asparagi, scartate la parte dura e insaporite le punte con una noce di burro. In una padella fate intanto scaldare l’olio per fare soffriggere i porri tagliati a fettine, le patate tagliate a cubetti e la parte centrale degli asparagi. Salate e quindi lasciate cuocere con un bicchiere di brodo vegetale. Al termine della cottura passate il tutto nel passaverdure. Cuocete infine gli gnocchetti, conditeli con la salsa preparata e guarniteli con le punte di asparagi.

CURIOSITÀ – Il Provolone Valpadana nell’alimentazione

Il Provolone Valpadana ha un’importante funzione integrativa per qualunque tipo di alimentazione, specie se povera di proteine di origine animale e di calcio. Dal punto di vista energetico, 100 grammi apportano mediamente 365 calorie. Il calcio e il fosforo, presenti nel Provolone Valpadana, rappresentano i principali componenti del sistema osseo umano e sono elementi fondamentali per lo sviluppo dei bambini e per il mantenimento degli adulti. La dose giornaliera consigliata di calcio per una persona adulta è quasi un grammo e per ottenerla bastano 100 grammi di Provolone Valpadana.

A cura di Benedetta Catanese, Studio Giorgio Vizioli & Associati, tel. 0248013658, benedetta.catanese@studiovizioli.it

Le tisane e la loro lunga storia…

sabato, 10 gennaio 2009

Dopo aver allegramente festeggiato il Natale con simpatiche scorribande alimentari ricorriamo alle salutari tisane…

Se prima di dormire bevessimo una tazza di tisana calmante, addolcita con un pò di miele, probabilmente ci addormenteremmo più facilmente e i nostri sonni sarebbero più tranquilli.

In natura infatti esistono non soltanto droghe benefiche e stimolanti, ma anche sostanze in grado di rilassare e indurre il sonno, droghe che l’uomo ha imparato a conoscere e utilizzare con sapienza. La scoperta delle proprietà benefiche di piante ed erbe va molto indietro nel tempo e tutte le più antiche civiltà annoverano rimedi tratti dal regno vegetale. La medicina indiana conosceva già l’uso del ricino, della cassia o del tamarindo e il più antico trattato di terapia cinese elenca ben 365 droghe vegetali con le loro proprietà. Nel libro biblico dell’Ecclesiaste si legge: “L’Altissimo ha tratto dalla terra i medicamenti e l’uomo prudente non li rifiuta”; la farmacopea ebraica conosceva tantissime piante come il luppolo, l’assenzio, il ginepro, la belladonna e la cicuta. Così i grandi medici dell’antichità, come Imhotep in Egitto e Ippocrate in Grecia, elaborarono dei veri e propri trattati di medicina a base di erbe, e la tradizione erboristica si è arricchita via via nei secoli sia nella civiltà occidentale che in quella araba e orientale. Successivamente furono i monaci dei conventi a custodire i segreti della scienza delle erbe e a tramandarli ai più moderni speziali.

L’avvento della chimica, da un lato, ha portato alla scoperta dei principi attivi, ossia all’isolamento delle sostanze nascoste nelle erbe, responsabili dei vari effetti terapeutici, dall’altro ha provocato una specie di ostracismo nei confronti dell’erboristeria, nonostante la sua tradizione secolare.

Considerati rimedi del passato, quindi non scientifici, infusi e decotti furono messi da parte a favore dei principi attivi o di nuovi composti chimici. Ma con il tempo si è constatato che questi ultimi hanno un’azione parziale, diversa da quella esercitata dal prodotto naturale e quindi vengono rispolverati gli studi sull’erboristeria e viene recuperata un’arte sapiente, oggi confortata anche dalla scienza. Così aumenta l’interesse popolare per tisane & co.

Ormai ce ne sono di tutti i tipi: drenanti, depurative, dimagranti, stimolanti, lassative… Ma se ci piace la buona tavola è inutile pensare a quel tipo di tisane… Impariamo invece a utilizzare soprattutto quelle che possono aiutarci a rilassarci la sera prima di andare a letto, a dispetto dello stress della vita quotidiana, evitando così di usare sonniferi e tranquillanti, di cui spesso abusiamo, andando a scoprire le erbe che le compongono.

Forse la più conosciuta tra le erbe con azione sedativa è la valeriana, una piccola pianta erbacea dai piccoli fiori rosa, che cresce anche da noi in collina e in montagna. Era già conosciuta ai tempi di Galeno, il famoso medico greco che esercitava nella Roma imperiale e consigliava nel suo ricettario di mangiarne le radici a chi era ferito da lama di spada. Ma le proprietà della radice di valeriana, calmanti e leggermente ipnotiche, antinevralgiche e antispastiche, sono state riconosciute solo nel sedicesimo secolo e da allora questa erba ha detenuto un posto importante sia nella medicina popolare sia in quella ufficiale. E’ utile quindi contro i vari disturbi nervosi, come l’ansia oppure l’ipereccitabilità, e anche come tranquillante naturale per conciliare il sonno e combattere emicrania, sciatica, dolori gastrici e cardiaci di origine nervosa.

Risale, invece, alla tradizione della medicina araba l’uso della melissa, che veniva consigliata per combattere le palpitazioni notturne. Nel secolo scorso veniva prescritta da insigni medici contro i disturbi nervosi in genere, le palpitazioni, le vertigini da surmenage, i mali da viaggio, i ronzii alle orecchie. E’ piena di oli essenziali, tra i quali citrale e citronella, da cui deriva il suo profumo di limone. Ha un’azione calmante ed antispastica, che si esplica grazie a un effetto stimolante sull’organismo. Ha anche proprietà coleretiche, ossia favorisce il flusso biliare ed è un ottimo carminativo, per cui assorbe l’eccesso di gas intestinali, causa frequente di gonfiore e tensione addominale.

Ideale per calmare le turbe nervose della menopausa, determinate da una ipereccitabilità del sistema nervoso simpatico, è la passiflora, una pianta originaria delle regioni calde dell’America. Più conosciuto è il frutto di questa pianta tropicale, il frutto della passione, ricco di vitamina C, ma meno note sono le sue proprietà sedative, che rendono questa pianta preziosa per combattere insonnia, inquietudine, stati ansiosi e fenomeni neurovegetativi. Viene consigliata ai convalescenti, alle persone nervose, a chi attraversa momenti difficili (sia da un punto di vista fisico che psichico), a chi rischia di passare notti insonni e in particolare alle donne durante il climaterio, poichè aiuta a temperare i fenomeni legati alla tempesta ormonale tipica dell’età.

Altri alleati naturali per combattere insonnia e stress quotidiano sono i fiori di tiglio, che hanno una blanda azione sedativa e antispasmodica, e i coni di luppolo. Il luppolo, usato nella fabbricazione della birra per trasformare l’amido di orzo in maltosio e per conferire alla bevanda il caratteristico aroma e il gusto amarognolo, ha un’azione ipnotica e sedativa, nonchè amaro-tonica, per cui aumenta la secrezione gastrica, ma diminuisce gli spasmi gastrici. E’ quindi particolarmente utile per chi soffre di disturbi gastrici di origine nervosa, in quanto calma gli spasmi allo stomaco, pur garantendo una buona funzionalità digestiva.

Per chi volesse cimentarsi e provare l’azione sedativa e rilassante di queste erbe può seguire questa ricetta, consigliata da una esperta fitoterapista;

miscela di erbe sedative:

40 grammi di luppolo, 25 grammi di passiflora, 20 grammi di melissa, 15 grammi di valeriana

La miscela va lasciata in infusione in una tazza di acqua bollente per dieci minuti, poi si filtra e si beve tiepida prima di coricarsi, addolcita da uno o due cucchiai di miele.

In alternativa si può provare un infuso preparato con 70 grammi di tiglio e 30 grammi di valeriana.

Le ricette del grande Sud

giovedì, 11 dicembre 2008

Un viaggio suggestivo lungo le coste del Mediterraneo accompagnati da Marisa Laurito, appassionata e grande conoscitrice della cucina mediterranea, che rielaborando ricette tradizionali con amore e fantasia ci svela tutto il sapore del profondo Sud.

Questo libro nasce dall’amore di Marisa Laurito per la cucina e per il Mediterraneo, questo affascinante mare – il Mare Bianco degli Arabi e il Mare Nostrum degli antichi romani – con i suoi porti e le sue città costiere, che è stato culla di diverse civiltà e di grandi culture. Grazie a questi popoli di navigatori, che lo attraversavano aiutati solo dagli astri, è stato possibile lo scambio di essenze, olio, vino, spezie e tanto altro. Ed è proprio seguendo questa scia di aromi e di spezie che Marisa Laurito, appassionata e profonda conoscitrice della cucina mediterranea, ci fa viaggiare con le sue ricette in tutti i Paesi bagnati dal Mediterraneo iniziando questo fantastico tour gastronomico dal Marocco, per toccare via via l’Algeria, la Tunisia, la Libia, l’Egitto, Israele, il Libano, la Siria, Cipro, la Turchia, la Grecia, l’Albania, l’Italia, Malta, la Francia, spingendosi fino alla Spagna.
Marisa ci svela la bontà della cucina di questo mare meraviglioso, una cucina famosa in tutto il mondo per la ricchezza e la varietà dei suoi ingredienti semplici e genuini e per le sue doti salutari. Un lungo viaggio che intreccia spezie e sapori simili, colori ed emozioni identici che accomunano popoli così diversi, ma in realtà molto più simili di quanto si voglia ammettere.

Marisa Laurito – Le ricette del grande sud – Il Mediterraneo a tavola – Baldini Castoldi Dalai editore Euro 16,50 – http://bcdeditore.it/product.php?productid=16384

SANGRIA AGLI AGRUMI

Per 8 persone
1l di prosecco o spumante
2 arance
2 mandaranci
2 mandarini
1 limone
1 pompelmo
80 gr di zucchero
20 gr di zucchero vanigliato
2 chiodi di garofano
1 bicchierino di liquore a piacere

In una caraffa versa il succo di un’arancia, di un mandarancio, di un mandarino e di 1/2 pompelmo. Aggiungi il liquore e i due tipi di zucchero. Sbuccia al vivo gli agrumi rimasti, eliminando la scorza esterna e la pellicina bianca, tagliali a tocchetti e uniscili al succo con i chiodi di garofano.Versa il prosecco o lo spumante e lascia in infusione in frigo fino al momento di servire.

Il locale del mese

mercoledì, 26 novembre 2008

Riceviamo e volentieri pubblichiamo…

Dove siamo

A Roccadaspide (SA), nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, conosciuta per la presenza del caratteristico castello medioevale ed apprezzata per le sue tipicità locali, quali il “Marrone di Roccadaspide” (marchio I.G.P.) e la pietra di Roccadaspide. Nei dintorni: Agropoli (30 Km), Paestum (22 Km), Grotte di Castelcivita (13 Km), Gole del fiume Calore (13 Km).

Descrizione del locale

Il locale offre la disponibilità di circa 25 coperti in una sala unica, colorata ed accogliente, con comodi tavolini. I prodotti genuini e di qualità sono parte integrante della nostra cucina, dove intendiamo valorizzare la corrente alimentazione proponendo un ricco menù di sapori tradizionali e di colori per poter soddisfare al meglio la nostra clientela. Rispetto della tradizione e passione sono gli ingredienti usati per la preparazione dei nostri piatti. Il locale è asservito da ampio parcheggio. Aperto tutti i giorni, è disponibile per feste private e ricevimenti.

I nostri piatti

Antipasti di salumi e formaggi locali; Lagane e ceci; Pasta e fagioli; Tagliatelle ai funghi porcini; Tagliatelle al sugo di cinghiale; Ciambotta (misto di verdure fritte); Cicci maritati (tipica zuppa cilentana a base di legumi e cereali); Foglie e patate cu’ li vicci (foglie di barbabietola e patate accompagnate da ciambella fatta con acqua, farina, aglio, peperoncino ed olio); Frittate di tutti i tipi, Muligname mbuttunate (melanzane ripiene); Parmigiana di melanzane; Arrosto di vitello; Salsicce alla griglia; Grigliata di verdure; Pizza cilentana int ‘o ruoto (in teglia).

Contatti

Ristorante – Trattoria ” La Conca d’oro” di Sinforosa Gorga & C Via G. Mazzini, 87 – 84069 Roccadaspide (SA)

Telefono: 333-3397064

Corso di formazione di AlCioccolato

domenica, 12 ottobre 2008

Parte il 18 ottobre 2008  il primo corso di formazione di AlCioccolato

L’associazione no-profit AlCioccolato, in collaborazione con la Scuola dei Sapori, presenta, a grande richiesta dei lettori di www.alcioccolato.com, il corso di cioccolato di primo livello.

Destinato a chi, per motivi professionali o solo per pura curiosità, vuole addentrarsi in questo mondo, il corso di cioccolato si terrà a Treviglio (BG), presso la sede della Scuola dei Sapori; sarà articolato in due giornate e  prenderà avvio il 18 ottobre 2008.

A seguire i golosi discenti sarà lo chef  Roberto Puma che, con professionalità e simpatia, insegnerà le tecniche di base della lavorazione del cioccolato, ma non solo, nozioni di storia del cioccolato, curiosità dal mondo del cacao, fasi di produzione, dalla raccolta e scelta delle fave ai vari processi di lavorazione, faranno da cornice a quelle lezioni teorico-pratiche che riusciranno ad affascinare e coinvolgere tutte le menti.

La fornitissima cucina operativa della Scuola dei Sapori farà da aula, dove i partecipanti, sempre seguiti,  realizzeranno praline e dolci al cioccolato che, una volta terminati, porteranno a casa.

Al momento dell’iscrizione ad ogni partecipante sarà consegnato un kit corredato di dispense e utensili necessari alla produzione dei dolci al cioccolato, e, al termine del corso, tutti riceveranno un attestato di partecipazione nonché assistenza gratuita da parte degli esperti di AlCioccolato, per eventuali futuri soccorsi culinari nell’arte della cucina al cioccolato. Ulteriori informazioni sono disponibili al seguente indirizzo www.alcioccolato.com/corso-cioccolato.asp

Per informazioni :
Segreteria AlCioccolato
Luigi Mosca
Tel  081/196.81.313
Fax 081/193.05.384
Cell. 328/5968774
press@alcioccolato.com corsi@alcioccolato.com
80026 Casoria (NA) Via Monte Taburno n. 3 info@alcioccolato.com

Gusto e tradizioni

lunedì, 1 settembre 2008

Ecco qualche goloso appuntamento nel Lazio per il primo week-end di settembre…

Ariccia - Tradizione, storia, gusto e divertimento sono le caratteristiche principali della Sagra della porchetta sabato 6 e domenica 7. A fare da cornice gare sportive, esibizioni artistiche e fuochi d’artificio. Info 06/934851.

Ciciliano - La Sagra delle “sagne cogliu peco” giunge alla 16^ edizione. A Ciciliano sabato 6 e domenica 7 la particolare sfoglia di pasta, ottenuta da un impasto di acqua e farina, è condita dal sugo di agnellone. Info 338/3605326.

Cittaducale (Rieti) - Per i 700 anni di Cittaducale sabato 6 e domenica 7 sono in programma una serie di rievocazioni storiche. Domenica esibizione dei “Balestrieri di Assisi” e banchetto medievale con musiche e danze del XIV secolo. Info 328/45513505.

Nerola - Sabato 6 si rinnova l’appuntamento con la “Sagra degli gnocchi al castrato”. Nel centro di Nerola le cuoche preparano la specialità: gnocchi di patate conditi con il sugo di castrato. Info 320/8468877.

Veroli (Frosinone) - La Sagra della Ciammella, sabato 6 e domenica 7, coinvolge tutti i forni del paese e diventa l’occasione per il caratteristico pranzo “garofolato”: involtini di carne di pecora cotti nel sugo aromatizzato con chiodi di garofano. Info 0775/238929.

Riofreddo - Venerdi 5, sabato 6 e domenica 7 a Riofreddo con la manifestazione “In vino veritas” sarà possibile degustare gratuitamente il vino laziale, tra assaggi di prodotti tipici ed esibizioni folkloristiche. Info 0774/929116.

Le marmellate

domenica, 10 agosto 2008

Già gli antichi egizi preparavano una dolcissima marmellata con datteri e miele. I romani amavano le conserve di frutta, che non mancavano mai nei banchetti: sulla tavola degli imperatori bizantini, nel IX secolo, venivano servite marmellate e gelatine di cotogna, cedro, rosa, mela, pera, prugne… Solo da poco più di un secolo il miele è stato sostituito dallo zucchero nella preparazione delle conserve e, quando ancora non esistevano le industrie, in campagna le confetture sono sempre state il modo più utilizzato per conservare la frutta. Attualmente, con la rivalutazione del pasto mattutino, è aumentato il consumo di marmellate e confetture: una colazione a base di fette biscottate e marmellata appaga l’appetito apportando molta energia ma poche calorie, anche in considerazione che ormai al posto dello zucchero vengono utilizzati diversi dolcificanti, dal fruttosio agli edulcoranti artificiali.

Differenze tra le varie conserve

Confettura. E’ preparata con polpa o purea di frutta come albicocche o fragole (esclusi agrumi e castagne). Un chilo di confettura deve contenere almeno 350 g di frutta (250 g per ribes nero o cotogne), mentre un chilo di confettura denominata “extra” ne deve avere almeno 450 g (350 g per ribes nero e cotogne) e deve essere preparata con la sola polpa di frutta, senza conservanti.

Marmellata. E’ solo di agrumi, di cui è possibile usare, oltre alla polpa e al succo, anche la scorza (ma deve essere indicato in etichetta). Per un chilo di marmellata bastano 200 g di agrumi poiché sono frutti ricchi di acidi organici e pectina e hanno quindi maggior potere addensante.

Crema di marroni. E’ la conserva di castagne e zucchero. Devono contenere almeno 380 g di castagne per un chilo di crema.

Gelatina. E’ ottenuta gelificando succhi o estratti di frutta o altri vegetali. Generalmente devono essere utilizzati almeno 350 g di succhi, che diventano 450 g se la gelatina viene denominata “extra”.

Composta. E’ il nome che viene dato in genere a una confettura preparata con una ricetta diversa da quella indicata nella normativa di legge, per la quale il produttore non può usare nessuno dei termini precedenti e ricorre così a un nome di fantasia. E’ il caso tipico delle confetture preparate senza zucchero.

Come vengono preparate

Partiamo dalla frutta: di rado è fresca. Tutta o quasi la produzione industriale di confetture e marmellate è organizzata in modo da avere come materia prima dei semilavorati (frutta pastorizzata o congelata), per poter distribuire la produzione delle confetture durante tutto l’anno e non solo nel periodo di raccolta. La frutta da utilizzare per la preparazione di tutte le conserve, tranne le confetture extra e quelle da agricoltura biologica, può essere trattata con anidride solforosa, un conservante che risulta poi eliminato in parte nelle successive operazioni di cottura. L’utilizzo di frutta fresca è appannaggio di alcune piccole aziende, in particolare di produzione biologica. La scelta di lavorare solo frutta fresca comporta una concentrazione dell’attività in alcuni mesi dell’anno e di conseguenza un sottoutilizzo degli impianti di trasformazione, oltre a lunghi periodi di immagazzinamento del prodotto finito. Le quantità di frutta: se andiamo a confrontare l’utilizzo di frutta rispetto alla produzione casalinga, possiamo verificare che il limite è alquanto basso. La preparazione industriale, infatti, grazie all’uso dell’autoclave e alla cottura a bassa temperatura, produce una evaporazione minima dell’acqua e quindi un’alta resa in conserve anche utilizzando una percentuale di frutta più contenuta.

Lo zucchero è alla base della preparazione delle conserve di frutta. Tradizionalmente, è allo stesso tempo costituente e conservante: la sua presenza in alte percentuali impedisce alla confettura di essere attaccata da batteri e muffe. Anche per questo motivo i prodotti con poco zucchero e molta frutta risultano poco conservabili, una volta aperti, anche se vengono tenuti in frigorifero. Ultimamente alcune marmellate e confetture vengono preparate sostituendo lo zucchero con succhi concentrati di frutta, come quello di mela. Lo zucchero bianco è il più usato nei prodotti già pronti e in quelli casalinghi; lo zucchero di canna grezzo è l’alternativa utilizzata nei prodotti naturali perché è più ricco di sali minerali rispetto al normale zucchero bianco; il miele si usa ancora nelle confetture molto ricche di frutta, poiché dolcifica più dello zucchero e scongiura perciò lo sviluppo di batteri; il malto: ottenuto da diversi cereali, contraddistingue diverse linee di confetture biologiche; il fruttosio, caratteristico delle confetture “dietetiche”, viene utilizzato in minor quantità rispetto allo zucchero bianco perché è più dolce e viene spesso associato a dolcificanti artificiali.

Per preparare la confettura, la frutta viene mescolata allo zucchero e alla pectina e riscaldata affinchè avvenga il processo di gelificazione. L’impiego di impianti sotto vuoto permette di prepararla a 50 – 60°, limitando la degradazione delle componenti sensibili al calore. La pectina è una fibra ricavata da vegetali: ha la capacità di formare una struttura tridimensionale che trattiene l’acqua e le sostanze solide presenti (zucchero, proteine), formando un gel. Presente in quantità diverse nella frutta (secondo il tipo e il grado di maturazione), viene aggiunta per standardizzare i processi produttivi. Per creare il gel, la pectina richiede la presenza di un’alta percentuale di zucchero: nelle confetture, in effetti, si aggiunge tra il 40 e il 65% di saccarosio. Inoltre, deve essere presente anche una sostanza acida: acido citrico o acido tartarico, due acidi organici innocui nelle normali dosi d’impiego, sono i più utilizzati.

Cosa contengono

A seconda del tipo di frutta e dell’intensità dei trattamenti subiti, le confetture mantengono parte delle sostanze nutrienti contenute nell’ingrediente di base. Nel prodotto finito si trova buona parte dei minerali e non tutte le vitamine, in realtà, vengono perse nei trattamenti di preparazione: nella confettura di albicocche, ad esempio, resta comunque una quantità utile di betacarotene; in quelle di frutti di bosco e nelle marmellate di agrumi rimane sempre un po’ di vitamina C; in quelle di mirtilli e altri frutti scuri si salva una buona quantità di flavonoidi, ossia le sostanze che conferiscono il tipico colore rosso-blu, utili per la loro azione antiossidante e protettiva per vene e arterie.

Le calorie. Si va da un minimo di 100 calorie per 100 g (marmellata di arance e prodotti light) a 200 – 250 per la maggior parte dei prodotti normali, mentre si sale a circa 300 nelle confetture casalinghe.

L’energia. La confettura spalmata sul pane o sulle fette biscottate è ideale per accompagnare il tè: una combinazione perfetta – a tutte le età – di carboidrati semplici (lo zucchero) e complessi (l’amido del pane o delle fette biscottate), che garantiscono il giusto apporto di energie immediate e a più lento rilascio.

Se si confronta l’apporto calorico di diversi tipi di merendine o crostate, si può verificare che quelle preparate con confetture e marmellate sono più “light”: l’assenza di grassi, infatti, le rende più leggere se paragonate con dolci simili ma farciti con creme alla vaniglia o al cacao, e la presenza della frutta, seppur in piccole dosi e cotta, garantisce una benchè minima presenza di sali minerali e vitamine.

Come si fanno in casa

Usate barattoli di vetro, possibilmente con tappo a vite; non sceglieteli troppo grossi: per una famiglia medi, quelli da mezzo chilo sono ideali per consumare il contenuto nel minor tempo possibile dopo la loro apertura. Prima di cominciare, sterilizzate i barattoli e i coperchi: lavateli, metteteli in una pentola coperti d’acqua fredda e fateli bollire a fuoco basso per 10 minuti. Quando si sono intiepiditi metteteli rovesciati su un canovaccio pulito. Scegliete la frutta fresca, sana, matura ma non troppo. Ricordate che il peso delle ricette si riferisce alla frutta già pulita: bisogna quindi pesarne circa il 20-30% in più rispetto alle dosi indicate. Lavatela sempre bene: tuffatela più volte in recipienti pieni d’acqua, strofinatela e poi appoggiatela su un canovaccio pulito. Calcolate almeno 600 g di zucchero per ogni chilo di frutta ad alto contenuto zuccherino, aumentando la dose fino a un chilo di zucchero per ogni chilo di frutta a basso contenuto zuccherino. Potete anche usare lo zucchero arricchito con pectina e acido citrico, specifico per marmellate e confetture casalinghe. Anche se anticamente venivano utilizzati recipienti in rame non stagnato, è preferibile usare pentole di acciaio (resistente e inattaccabile dagli acidi della frutta), larghe, a fondo spesso e a pareti alte (devono superare di almeno 10 cm il composto da cuocere, per evitare che bollendo fuoriesca). Non usate mai recipienti di alluminio (modificano il gusto della frutta) né di vetro o ferro smaltato (è più facile che si attacchi la composta durante la cottura). Quando la miscela di frutta e zucchero incomincia a bollire, abbassate la fiamma al minimo. Mescolate sempre con un cucchiaio di legno nuovo o riservato ai dolci. La marmellata è pronta se: sollevandola con un cucchiaio scorrerà con difficoltà, mettendone 2 – 3 gocce in un bicchiere d’acqua fredda queste scendono compatte verso il fondo senza sciogliersi e versandone un cucchiaio su un piattino inclinato scorre con fatica. Quando la conserva è pronta, mettetela ancora bollente nei barattoli, arrivando a un dito circa al di sotto dell’imboccatura; eliminate con un telo inumidito eventuali sbavature, coprite con un telo pulito e lasciate raffreddare completamente. Chiudete i vasi solo quando il contenuto è freddo: eviterete ristagni di umidità che favoriscono la formazione di muffe. Potete mettere sulla superficie un disco di carta oleata intrisa di acquavite o rum per prevenire lo sviluppo delle muffe. La sterilizzazione: fatela sempre se avete preparato marmellate con poco zucchero: è essenziale perché non si deteriorino. Mettete di nuovo i vasi in una pentola coperti di acqua fredda e fateli bollire (per contenitori di mezzo chilo calcolate 30 minuti); per non rompere i vasetti avvolgeteli, uno ad uno, in un telo e tenete il fuoco molto basso. Mettete i vasetti in luogo fresco, asciutto e buio e conservateli non più di un anno. Una volta aperti, teneteli in frigorifero e usate il contenuto in 3-4 settimane. L’autosterilizzazione: un metodo antico. E’ il sistema, molto usato in passato dalle nostre nonne, per prolungare la durata delle conserve casalinghe: ecco come si fa. Versate la marmellata bollente nei vasetti e chiudeteli subito ermeticamente. Capovolgeteli sul tavolo finchè si saranno raffreddati completamente. Rimetteteli in piedi e conservateli in dispensa.

Da ricordare

Non usate frutta che non sia sana. Le conserve non sono un modo per “riciclare” frutti troppo maturi: basta una piccola parte ammuffita per rovinare tutta la marmellata.

Non riducete troppo lo zucchero. E’ l’alta percentuale di zucchero che rende conservabile a lungo la marmellata, impedendo lo sviluppo dei batteri. Se decidete di mettere più pectina e far addensare tutto usando meno zucchero, dovrete poi, una volta chiuso il barattolo, sottoporlo a sterilizzazione (almeno mezz’ora in più, se il barattolo è grande).

Non dimenticate di usare il limone. Affinchè la marmellata si addensi è indispensabile la presenza contemporanea di zucchero, pectina e acidi. Questi ultimi derivano dal succo di limone, a meno che non prepariate confetture di frutta acida, come quella di arancia.

Se la marmellata si è cristallizzata. Forse avete usato troppo zucchero o l’avete fatta cuocere troppo a lungo o a fuoco eccessivamente alto: scaldatela ancora a bagnomaria aggiungendo per ogni mezzo chilo di prodotto il succo di mezzo limone.

Se la marmellata non si solidifica. Probabilmente avete usato frutta troppo acquosa: unite il succo di un limone e la polpa affettata di una mela direttamente nella preparazione ancora sul fuoco. Unite anche le bucce e il torsolo con i semi chiusi in un pezzetto di garza (che poi eliminerete) perché sono particolarmente ricchi di pectina; quindi cuocete ancora tutto insieme per 10 minuti.

Se si è formata la muffa nei vasetti. L’avete cotta troppo poco e perciò nel composto è rimasta ancora un poco dell’acqua contenuta nella frutta: eliminate lo strato superficiale con molta delicatezza e cuocete ancora la marmellata per qualche minuto a fuoco molto basso.

Frutta ricca di pectina: agrumi, mele cotogne e renette, mirtilli, prugne, ribes.

Frutta mediamente ricca di pectina: albicocche, lamponi, more, pesche, susine “regina claudia”.

Frutta povera di pectina: ananas, ciliegie, fichi, fragole, pere, uva.

Frutta ricca di zucchero: ananas, fichi, mandarini, mele renette, susine “regina claudia”, uva.

Frutta mediamente ricca di zucchero: albicocche, arance, ciliegie, more, pere, ribes.

Frutta povera di zucchero: fragole, lamponi, limoni, mele cotogne, mirtilli, pesche.




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